Autostrade perdute

Alessandra Gabola, da Lost Higways, scrive:

Aria di cambiamenti in casa Mauve. Nuova casa discografica e nuovi orizzonti musicali per il gruppo di Verbania, uno dei più interessanti del nostro rock indipendente. Fin dagli esordi i Mauve ci hanno abituato ad un sound originale e personalissimo, ben riconoscibile, dove il rock incontra il miglior pop inglese, dove la musica costruisce atmosfere surreali, talvolta quasi favolistiche, come in un quadro di Dalì nel quale gli oggetti non sono mai quello che sembrano e non sono mai dove dovrebbero essere. Rispetto ai precedenti lavori, in questo The night all crickets died quell’atmosfera si è tinta di scuro e le sperimentazioni musicali sembrano lasciare il posto a canzoni più classiche in qualche modo, dalla forma più definita e più cantate. Paradossalmente in questo disco, dove le contaminazioni tra generi musicali diversi sono più accentuate, si distinguono canzoni dalla struttura più forte, dall’ossatura meglio definita.
Reminescenze del recente passato aprono il disco in The solitude of the ship, brano diviso in due parti ad apertura e chiusura dell’album. La melodia, sopratutto nell’intro, e la voce sempre delicata, incantata e incantevole, di Elda Belfanti mi rimandano a pezzi come Electronic Scales, ma che la “musica” stavolta sia diversa è evidente. Già si avverte quell’inquietudine, quella cupezza che esplode rabbiosa in Ahab, pezzo quasi punk, tagliente e velenoso, arrabbiato, che sa di garage, di un gruppo di amici che suonano senza spartito, in libertà, e si ritrovano tra le mani un gran bel brano. Lo spirito di questo The night all crickets died sta in questo brano e in Ludovico. Anche qui c’è una grande energia, una carica sdegnata che trova espressione in una melodia più immediatamente rock, travolgente e irruente. La rabbia cupa e notturna di queste due tracce trova il rovescio della medaglia in un’altra notte, quella di Summer Shade ovvero notte di un’estate triste che sa di perdita, di rifiuto o di abbandono in un climax emozionale-musicale molto coinvolgente, prima dolce, malinconico e poi sempre più disperato. Claustrofobica è invece Grasshopper in your hand, nella sua melodia ossessiva, nella voce graffiante di Carlo Tosi che lascia immaginare un animale ferito chiuso in gabbia. E torniamo da dove siamo partiti. Da una nave sola nel mare in tempesta di una notte d’estate… The solitude of the ship
L’idea di dividere in due parti un brano a cui affidare l’introduzione e la conclusione di questo disco mi sembra particolarmente indovinata perchè rende perfettamente la compiutezza di questo lavoro, fatto di episodi singolarmente molto forti ma che suonano ancora meglio nell’ascolto totale.

http://www.losthighways.it/2011/05/09/the-night-all-crickets-died-mauve/

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